In medio oriente

Divisioni globali e escalation: la guerra a Gaza, giorno 375

Mentre Israele intensifica i raid su Gaza, cresce la tensione ma Netanyahu rassicura Biden. Il generale Qaani riappare dopo le speculazioni sulla sua morte

Divisioni globali e escalation: la guerra a Gaza, giorno 375

Il conflitto a Gaza, giunto al suo 375° giorno, continua ad inasprirsi. Israele intensifica gli attacchi contro Hamas e Hezbollah, mentre il mondo osserva con apprensione l’evolversi della situazione. Tra divisioni politiche internazionali e recrudescenza delle operazioni militari, si moltiplicano le vittime civili e le accuse reciproche. Mentre Netanyahu rassicura l’alleato statunitense, il generale iraniano Esmail Qaani riappare, dissipando le voci sulla sua morte. La comunità internazionale resta divisa, e la minaccia di un conflitto più ampio sembra sempre più concreta.

 

Divisioni nell’Unione Europea e tensioni su Unifil

Il conflitto in Gaza continua ad avere ripercussioni globali. In Europa, le divisioni politiche sono evidenti, soprattutto riguardo a un possibile embargo sulle armi verso Israele. Mentre alcuni Paesi spingono per misure più severe, altri, preoccupati per le implicazioni geopolitiche, si oppongono fermamente. Nel frattempo, il presidente turco Erdo?an ha provocato l’ONU, accusando l’organizzazione di essere “impotente” nei confronti di Israele, mentre chiede un cessate il fuoco e la protezione delle forze UNIFIL, frequentemente colpite nel sud del Libano.

I raid israeliani hanno continuato a colpire obiettivi strategici, inclusi gruppi armati come Hezbollah. A sud di Beirut, 22 persone sono morte in un attacco aereo su Aitou, alimentando la rabbia del governo libanese e delle milizie locali. Il drone di Hezbollah, che ha eluso il sistema di difesa Iron Dome, ha intensificato l’ira del premier israeliano Benjamin Netanyahu, determinato a proseguire con le operazioni militari.

 

Netanyahu rassicura Biden: nessun attacchi ai siti nucleari iraniani

In un clima di crescente tensione tra Israele e Iran, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha rassicurato il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che Israele non attaccherà i siti nucleari o petroliferi iraniani. Questa dichiarazione, riportata dal Washington Post, è stata accolta con sollievo a Washington. Tuttavia, Netanyahu ha sottolineato che Israele agirà sempre nell’interesse della propria sicurezza nazionale, lasciando aperta la possibilità di colpire obiettivi militari iraniani.

Questa presa di posizione giunge in un momento delicato, dopo che l’Iran ha lanciato missili contro Israele in risposta alla morte di alti comandanti di Hezbollah e Hamas in attacchi israeliani. L’Australia ha reagito a questa escalation imponendo nuove sanzioni all’Iran e ha elevato l’avviso di viaggio per la regione a “Non viaggiare”, temendo un ulteriore peggioramento della situazione.

 

Qaani riappare, smentite le voci sulla sua morte

Il generale iraniano Esmail Qaani, capo della Forza Quds, è tornato a farsi vedere in pubblico durante una cerimonia a Karbala, smentendo le voci sulla sua morte o detenzione. Secondo le autorità iraniane, Qaani era semplicemente impegnato nelle sue attività regolari. Le speculazioni sulla sua sorte erano nate dopo l’assenza prolungata del generale dalle scene pubbliche, soprattutto a seguito di un attacco aereo israeliano in Libano.

La riapparizione di Qaani ha dissipato molti dubbi, ma resta alta la tensione tra Iran e Israele. Il governo israeliano, che ha eliminato decine di combattenti di Hezbollah nelle ultime 24 ore, ha affermato di aver colpito 230 obiettivi tra Gaza e il Libano, intensificando così l’offensiva militare nella regione.

 

Con la situazione a Gaza che continua a deteriorarsi, la possibilità di un conflitto regionale più ampio diventa sempre più concreta. L’impegno di Israele a non attaccare siti nucleari iraniani potrebbe placare temporaneamente le tensioni con gli Stati Uniti, ma l’ombra di un’escalation militare persiste. Le divisioni all’interno dell’Unione Europea e le provocazioni di Erdo?an complicano ulteriormente la ricerca di una soluzione diplomatica.

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