Tensioni crescenti

MO: Israele intensifica le operazioni contro Hamas e Hezbollah

Documenti rivelano un piano di Hamas per distruggere grattacieli a Tel Aviv. Iran e Hezbollah smentiscono ogni coinvolgimento nell’attacco del 7 ottobre.

MO: Israele intensifica le operazioni contro Hamas e Hezbollah

Il conflitto in Medio Oriente continua a infiammarsi, con Israele e le forze ostili come Hamas e Hezbollah che intensificano le operazioni militari. La situazione è resa ancora più complessa dall’intervento delle potenze internazionali e dalle dichiarazioni contrastanti che emergono sui retroscena degli ultimi attacchi. Secondo recenti rivelazioni del Washington Post, Hamas avrebbe elaborato un piano a lungo termine per colpire Tel Aviv in un’azione devastante. Uno scenario questo, che unito agli scontri sul confine libanese e alle crescenti tensioni che coinvolgono Iran e Hezbollah, crea un contesto assai volatile e pericoloso.

 

Hamas pianificava un 11 settembre contro Israele

Secondo un’inchiesta esclusiva del Washington Post, documenti sequestrati dall’esercito israeliano a Gaza rivelano che Hamas stava preparando un attacco di vasta portata simile all’11 settembre contro Tel Aviv. I piani risalenti a prima del 7 ottobre descrivevano l’intenzione di colpire i grattacieli nella regione di Gush Dan, incluso il famoso complesso delle Torri Azrieli. Secondo il quotidiano statunitense, questi documenti dimostrano come Hamas avesse chiesto aiuto finanziario e militare all’Iran per realizzare un attacco devastante, con l’obiettivo di radere al suolo Israele entro due anni.

Le truppe israeliane avrebbero trovato decine di pagine, insieme a registri elettronici, che delineavano una strategia di attacchi coordinati su più fronti contro Israele. Il piano avrebbe previsto l’uso di treni, barche e persino carri trainati da cavalli, un misto di tattiche ben studiate e altre meno praticabili, secondo esperti di sicurezza. Tuttavia, nonostante la portata ambiziosa, molti dettagli suggeriscono che il piano presentasse gravi carenze logistiche. Il coinvolgimento di gruppi alleati avrebbe garantito attacchi da nord, sud ed est, creando un assalto senza precedenti su più fronti.

 

Iran e Hezbollah negano il coinvolgimento

Il governo iraniano e il gruppo libanese Hezbollah hanno negato con fermezza qualsiasi legame con i piani di Hamas, compreso l’attacco del 7 ottobre. In una dichiarazione rilasciata alla CNN, la missione iraniana presso le Nazioni Unite ha affermato che non era a conoscenza dell’operazione e che non c’è alcuna prova credibile di un coinvolgimento iraniano. Hezbollah ha adottato una posizione simile, confermando di non essere stato informato dei dettagli operativi dell’attacco. Il gruppo ha inoltre respinto le accuse di un sostegno attivo ai militanti di Hamas nella fase preparatoria.

Una presa di distanza che arriva in seguito a un’inchiesta del New York Times, che aveva attribuito a documenti riservati di Hamas il tentativo di coinvolgere attivamente Teheran e Hezbollah nell’attacco. Secondo questi documenti, Hamas avrebbe richiesto un supporto militare e finanziario da parte dell’Iran per l’addestramento di circa 12.000 membri. Tuttavia, sia Hezbollah che l’Iran hanno sottolineato che queste informazioni sarebbero state fabbricate per giustificare azioni militari contro di loro.

 

L'escalation in Libano

Nel frattempo, gli scontri tra Israele e Hezbollah nel sud del Libano continuano ad intensificarsi. Hezbollah ha affermato di aver respinto due tentativi di infiltrazione israeliani vicino al villaggio di Ramia, lungo il confine tra i due paesi. Secondo il gruppo militante, i combattimenti sarebbero durati circa un’ora, durante la quale gli israeliani avrebbero subito danni. Israele ha reagito con raid aerei su diverse zone del Libano, colpendo anche una moschea storica a Kfar Tibnit. Il bilancio è tragico: secondo il Ministero della Sanità libanese, almeno 15 persone sono morte in attacchi che hanno coinvolto sia il nord che il sud del paese, con molte altre rimaste ferite.

I combattimenti si estendono anche nel nord di Gaza, dove le operazioni israeliane si concentrano nell’area di Jabalia. Qui, secondo le agenzie di soccorso, il bilancio delle vittime continua a crescere, con almeno 29 persone coinvolte, di cui 10 decedute durante la notte. La situazione resta critica, con migliaia di persone intrappolate e i soccorsi che faticano a raggiungere le aree colpite a causa degli intensi bombardamenti.

 

Pressioni internazionali

La comunità internazionale osserva con preoccupazione l’escalation del conflitto. Il segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin, in una recente telefonata con il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, ha espresso preoccupazione per la sicurezza delle forze UNIFIL, il contingente ONU di peacekeeping in Libano. Austin ha sottolineato l’importanza di tutelare queste truppe, chiedendo al contempo una de-escalation e un ritorno al dialogo diplomatico. La situazione umanitaria nella Striscia di Gaza è diventata un altro punto focale della conversazione, con gli Stati Uniti che spingono Israele a prendere misure per affrontare la crisi in corso.

 

In un contesto così complesso e instabile, le prospettive di una soluzione pacifica rimangono incerte. Mentre Israele continua a rafforzare le proprie operazioni militari, la comunità internazionale deve affrontare la sfida di trovare un equilibrio tra la sicurezza regionale e la protezione dei diritti umani. La situazione richiede un’attenta vigilanza e un impegno diplomatico per prevenire un ulteriore deterioramento delle condizioni nel Medio Oriente.

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