giorno 363 del coflitto

Gaza, Beirut e il Medio Oriente in fiamme e la diplomazia in stallo

La guerra continua ad infuriare con migliaia di vittime e nuove tensioni in Libano, Gaza e Israele. Intanto, Katz vieta l’ingresso di Guterres in Israele

Gaza, Beirut e il Medio Oriente in fiamme e la diplomazia in stallo

La guerra che ha investito Gaza e il Medio Oriente non accenna a fermarsi, giungendo al suo 363° giorno con un bilancio di sangue impressionante. Più di 41.000 morti solo nella Striscia di Gaza, migliaia di sfollati e continue escalation tra Israele, Libano e le forze armate internazionali. Il conflitto, inizialmente circoscritto alla questione palestinese, ha travolto diverse nazioni della regione, coinvolgendo potenze come Iran, Stati Uniti e le forze ribelli libanesi di Hazbollah e quelle yemenite degli Houthi. Nonostante gli appelli per un cessate il fuoco e le ripetute iniziative diplomatiche, la guerra sembra ormai senza soluzione di continuità, con un prezzo sempre più alto in termini di vite umane e stabilità.

 

Beirut e Tel Aviv, un altro fronte di battaglia

Tra le città più colpite negli ultimi giorni c'è Beirut, capitale del Libano, nuovamente nel mirino degli attacchi israeliani. In due settimane di bombardamenti intensi, il bilancio delle vittime ha superato il migliaio. L'ultimo attacco nella notte ha colpito un centro sanitario nella zona di Bachoura, causando almeno sei morti e diversi feriti. Il ministero della Sanità libanese ha denunciato che questa è la seconda volta che il centro viene preso di mira, mentre le esplosioni continuano a seminare paura tra la popolazione civile.

Nonostante il clima di guerra, si erano aperti spiragli per una tregua. Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, secondo quanto dichiarato dal ministro degli Esteri libanese Abdallah Bou Habib, avrebbe accettato un cessate il fuoco con Israele, appena prima di essere ucciso in un raid israeliano. Nasrallah, storicamente schierato contro Israele, aveva negoziato con i rappresentanti statunitensi e francesi, ma il suo assassinio ha interrotto qualsiasi progresso verso la pace.

Il primo ministro libanese Najib Mikati ha ribadito l'importanza di applicare la risoluzione ONU 1701, che prevede il dispiegamento delle forze armate libanesi a sud del fiume Litani per garantire la stabilità della regione. "Hezbollah è d'accordo", ha dichiarato Mikati, aggiungendo che "è giunto il momento di evitare altri spargimenti di sangue".

 

Israele contro l’ONU e la diplomazia in stallo

Israele ha risposto duramente agli attacchi e alle dichiarazioni internazionali. Il premier Benjamin Netanyahu ha dichiarato che la nazione è in guerra contro quello che ha definito "l'Asse del Male", facendo riferimento a Iran e gruppi sostenuti dalla Repubblica Islamica come Hezbollah e i ribelli Houthi dello Yemen. Netanyahu ha assicurato che Israele non cederà e che farà tutto il possibile per garantire la sicurezza dei suoi cittadini, promettendo di riportare gli ostaggi a casa e di proteggere il nord del Paese dagli attacchi provenienti dal Libano.

Le tensioni tra Israele e l'ONU hanno raggiunto il culmine quando il segretario generale dell'ONU, Antonio Guterres, è stato dichiarato "persona non grata" dallo Stato ebraico. Il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, ha vietato l'ingresso di Guterres in Israele, accusandolo di essere filo-iraniano e di non aver condannato in modo netto gli attacchi contro il Paese. Guterres aveva chiesto un cessate il fuoco immediato, sottolineando la necessità di evitare una guerra totale che coinvolgesse tutto il Medio Oriente. Tuttavia, le sue dichiarazioni non sono bastate a calmare le tensioni, mentre il conflitto continua ad espandersi.

Anche la diplomazia internazionale fatica a ottenere risultati concreti. In una riunione straordinaria del G7, presieduta da Giorgia Meloni, i leader mondiali hanno espresso forte preoccupazione per l'escalation in Medio Oriente, sottolineando che un conflitto regionale non è nell'interesse di nessuno. Tuttavia, nonostante le dichiarazioni di intenti, le violenze continuano a intensificarsi. Gli Stati Uniti, tramite il presidente Joe Biden, hanno espresso il loro disappunto per i possibili attacchi israeliani a siti nucleari in Iran, suggerendo che una tale mossa potrebbe innescare una guerra ancora più devastante.

 

Il ruolo degli Houthi e il coinvolgimento dell’Iran

Nel cuore del conflitto mediorientale si inseriscono anche i ribelli Houthi dello Yemen, che hanno rivendicato diversi attacchi con droni contro Israele. Gli Houthi, sostenuti dall'Iran, hanno affermato di aver colpito un obiettivo "vitale" nel centro di Israele, ma l'IDF (l'esercito israeliano) ha dichiarato di aver abbattuto i droni prima che potessero causare danni significativi.

Il coinvolgimento dell'Iran nel conflitto è ormai palese. Da Teheran, l'ambasciatore iraniano all'ONU, Amir Saeid Iravani, ha ribadito che l'azione contro Israele è legittima e conforme al diritto all'autodifesa, in base all'articolo 51 della Carta ONU. Inoltre, fonti iraniane hanno confermato che il leader supremo Ali Khamenei aveva avvertito Nasrallah di lasciare il Libano pochi giorni prima della sua morte, segnalando la presenza di agenti israeliani all'interno di Hezbollah.

 

Una guerra senza fine

Mentre le bombe continuano a cadere su Gaza e Beirut, la crisi umanitaria si aggrava. Solo nelle ultime 24 ore, gli attacchi israeliani su Gaza hanno ucciso 51 persone e ne hanno ferite 165, portando il totale delle vittime nella Striscia a oltre 41.000 dall'inizio del conflitto. Le autorità locali hanno denunciato cinque massacri familiari, con un numero di feriti che ha superato i 96.000. In Libano, il governo ha riportato oltre un milione e 200.000 sfollati a causa dei bombardamenti, mentre le Nazioni Unite discutono su come garantire una tregua.

La situazione è sempre più critica e, sebbene i leader mondiali continuino a ribadire la necessità di una soluzione diplomatica, la realtà sul campo suggerisce che la guerra potrebbe proseguire ancora a lungo. Con ogni nuovo attacco, le possibilità di una pace stabile sembrano allontanarsi sempre di più.

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