questioni spinose

Il Governo e la Manovra 2025: tensioni sulla tassa degli extraprofitti

La proposta di un prelievo sugli extraprofitti divide la maggioranza. Forza Italia si oppone, mentre FdI lascia aperta l’ipotesi di un contributo.

Il Governo e la Manovra 2025: tensioni sulla tassa degli extraprofitti

La Manovra 2025 si annuncia come uno dei momenti più delicati per il governo italiano, alle prese con la necessità di reperire almeno 25 miliardi di euro per sostenere misure a favore di famiglie e imprese. Tuttavia, la proposta di introdurre un prelievo sugli extraprofitti, destinata a colpire settori come quello bancario, assicurativo ed energetico, sta creando tensioni all'interno della maggioranza di governo. Mentre Fratelli d'Italia non esclude la possibilità di un contributo solidale, Forza Italia si oppone fermamente, temendo ripercussioni sull'economia e sulle piccole banche. Ecco cosa sta accadendo.

 

La caccia alle risorse per la Manovra 2025

Il governo italiano è alla ricerca di fondi per varare una manovra economica che dovrebbe raggiungere almeno 25 miliardi di euro. Questa somma sarà destinata a finanziare interventi cruciali per il Paese, tra cui la riduzione del cuneo fiscale, gli sgravi IRPEF e il Bonus di Natale. Tuttavia, la questione su come reperire tali risorse ha generato non poche frizioni all'interno della maggioranza di centrodestra. Al centro della discussione vi è la possibilità di far contribuire coloro che, negli ultimi anni, hanno realizzato profitti significativi, come le banche, le assicurazioni e le grandi aziende energetiche. La proposta in esame è un prelievo solidale dell'1-2% sugli utili degli ultimi 12-24 mesi, concepito come una misura una tantum.

Secondo le indiscrezioni, si starebbe cercando di evitare gli errori commessi nel 2022, quando il governo tentò un blitz sui profitti delle banche, scatenando una dura reazione da parte degli istituti di credito. Per evitare di ripetere quella situazione, già a partire dall'estate sono stati avviati contatti informali con il settore bancario per discutere insieme le possibili soluzioni, in un'ottica di dialogo e condivisione.

 

Le resistenze di Forza Italia e le perplessità della maggioranza

Nonostante i tentativi di confronto, il tema del prelievo sugli extraprofitti ha trovato una forte opposizione da parte di Forza Italia. Il vicepremier Antonio Tajani ha espresso chiaramente la sua contrarietà a qualsiasi forma di tassazione imposta dall'alto, definendola dannosa per il sistema economico italiano. "Siamo contrari", ha dichiarato Tajani, sottolineando come una simile misura andrebbe a colpire soprattutto le banche di prossimità e potrebbe generare incertezza sui mercati, a scapito dell'Italia.

Secondo Tajani, piuttosto che parlare di tasse o prelievi, sarebbe preferibile aprire un tavolo di confronto con le banche per valutare insieme possibili contributi volontari alle finanze pubbliche. Il vicepremier ha inoltre evidenziato come una tassa indiscriminata rischierebbe di penalizzare le banche popolari e di credito cooperativo, che svolgono un ruolo fondamentale nel fornire prestiti a cittadini e piccole imprese.

Dall'altro lato, Fratelli d'Italia non esclude a priori la possibilità di un contributo sugli extraprofitti. Tommaso Foti, capogruppo alla Camera, ha cercato di minimizzare le tensioni all'interno della maggioranza, affermando che al momento nulla è stato deciso. Foti ha inoltre sottolineato che le scelte definitive verranno prese solo dopo aver valutato i dati macroeconomici, che potrebbero indicare una crescita del PIL superiore alle previsioni. Solo allora si deciderà se richiedere un contributo di solidarietà ai settori che hanno registrato utili significativi negli ultimi anni, sempre evitando intenti punitivi.

 

Il ruolo delle banche e l'impatto del prelievo solidale

Le banche sono al centro di questo dibattito. Mentre il governo cerca di trovare un equilibrio tra le esigenze di bilancio e la necessità di mantenere un dialogo costruttivo con il settore finanziario, l'Associazione Bancaria Italiana (ABI) mantiene una linea di silenzio. Pur non esprimendosi ufficialmente, è risaputo che i banchieri non vedono di buon occhio né la tassazione né alcuna forma di prelievo sui loro profitti. Antonio Patuelli, presidente dell'ABI, ha più volte ricordato come il settore bancario sia già sottoposto a un regime fiscale particolarmente gravoso: oltre all'IRES al 24%, vi è l'addizionale IRES al 3,5%, l'IRAP al 5,45% e una cedolare secca sui dividendi al 26%. Tali imposte, secondo l'ABI, pongono le banche in una situazione ben diversa rispetto ad altri settori economici, il che rende qualsiasi ulteriore prelievo un'ulteriore penalizzazione.

D'altra parte, i sindacati criticano l'assenza di un intervento più deciso sugli extraprofitti. Sostengono che le banche abbiano accumulato guadagni considerevoli, come dimostrano i 12 miliardi di utili generati solo nei primi sei mesi del 2024. Secondo uno studio di Unimpresa, nel 2023 le banche italiane hanno pagato 8,1 miliardi di euro di tasse su 40,6 miliardi di utili, con un tax rate del 20,1%, ben al di sotto della media italiana, che per le aziende e i lavoratori si attesta sopra il 42%.

 

Il nodo degli extraprofitti resta dunque una delle questioni più spinose nel percorso verso la Manovra 2025. Da un lato, il governo cerca di reperire le risorse necessarie senza penalizzare i settori che hanno contribuito in modo sostanziale alla crescita economica; dall'altro, le tensioni interne alla maggioranza mostrano quanto sia delicato il bilanciamento tra le diverse esigenze politiche e la necessità di mantenere stabile il sistema economico. Se il dialogo con le banche e gli altri attori coinvolti sarà sufficiente per trovare una soluzione condivisa, solo il tempo lo dirà.

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