crisi in medio oriente

Missile Houthi su Tel Aviv: Netanyahu avverte Yemen e Libano

Il premier israeliano: “Pagheranno un prezzo altissimo”. Israele intanto conferma errori nei raid a Gaza e divergenze interne sulla gestione della guerra

Missile Houthi su Tel Aviv: Netanyahu avverte Yemen e Libano

Un nuovo capitolo si aggiunge al conflitto in Medio Oriente, mentre il missile lanciato dagli Houthi contro Israele riporta l'attenzione sulla minaccia yemenita. Le autorità israeliane minimizzano l'efficacia dell'attacco, ma la retorica del governo di Benjamin Netanyahu è chiara: “Pagheranno un prezzo molto alto”. Intanto, emergono dettagli dolorosi dai raid aerei condotti su Gaza, con l’esercito che ammette la morte accidentale di tre ostaggi durante un’operazione. Sul fronte internazionale, l’Iran si prepara ad affrontare i giornalisti, mentre aumentano le tensioni tra Israele e il Libano.

 

Missili Houthi e la risposta israeliana

Il conflitto tra Israele e i ribelli Houthi dello Yemen, sostenuti dall'Iran, ha vissuto un nuovo picco con il lancio di un missile diretto verso Tel Aviv. Mentre il portavoce Houthi, Yahya Saree, ha rivendicato l'uso di un missile ipersonico, sostenendo che abbia superato le difese aeree israeliane, lo Stato ebraico ha fornito una versione differente dell'accaduto. Secondo le autorità israeliane, il missile è stato intercettato e frammentato in aria, con alcuni detriti caduti al suolo senza causare vittime. Questo attacco rappresenta un’escalation significativa nelle operazioni degli Houthi contro Israele, che già nel luglio scorso aveva subito un attentato con un drone, causando una vittima.

L'episodio non ha tardato a provocare la dura reazione del primo ministro Benjamin Netanyahu, che ha promesso severe ripercussioni contro lo Yemen. "Pagheranno un prezzo molto alto", ha dichiarato, facendo eco alle sue precedenti minacce in seguito all'attacco di luglio. Abdel-Malek al-Houthi, leader del movimento ribelle, ha risposto in modo provocatorio, affermando che attacchi più massicci sono in arrivo. "Ciò che verrà sarà più grande", ha aggiunto, riferendosi a una nuova fase del conflitto che si intensificherà ulteriormente nelle prossime settimane.

 

Le ammissioni dell’esercito israeliano

Mentre le tensioni con lo Yemen si intensificano, Israele è stato costretto ad ammettere un tragico errore avvenuto durante i raid aerei a Gaza. L’esercito ha confermato che tre ostaggi, il sergente Ron Sherman, il caporale Nik Beizer e il civile Elia Toledano, sono stati uccisi nel corso di un’operazione mirata contro un comandante di Hamas, Ahmed Ghandour, nascosto in un tunnel a Jabaliya. L’attacco, risalente allo scorso novembre, aveva come obiettivo l’eliminazione del leader di brigata di Hamas, ma si è concluso con la morte degli ostaggi, i cui corpi sono stati recuperati successivamente.

La tragica scoperta riporta l’attenzione sul dramma degli ostaggi israeliani, molti dei quali sono stati catturati durante eventi pubblici, come il Nova festival. Questa rivelazione solleva domande sull’efficacia e i rischi delle operazioni militari israeliane in zone densamente popolate come Gaza, dove le vittime civili e gli effetti collaterali delle operazioni sono ormai all'ordine del giorno.

 

Gaza, tra bombardamenti e vittime civili

Sul fronte di Gaza, la situazione umanitaria continua a peggiorare. Secondo il ministero della Salute del governo di Hamas, il bilancio delle vittime dall'inizio del conflitto il 7 ottobre 2023 ha raggiunto la cifra di 41.206 morti, con oltre 95.000 feriti. Solo nelle ultime 24 ore, altre 24 persone hanno perso la vita. Israele, che continua a colpire obiettivi nella Striscia, ha condotto un raid sul campo profughi di al-Nuseirat, nella zona centrale di Gaza, causando almeno dieci morti e 15 feriti, inclusi donne e bambini.

Le operazioni israeliane nella Striscia sono oggetto di intense critiche a livello internazionale, con numerose organizzazioni umanitarie che denunciano la devastazione causata dai bombardamenti. Tuttavia, Netanyahu e i suoi ministri continuano a difendere le azioni militari, sottolineando che sono una risposta necessaria agli attacchi di Hamas e delle altre fazioni palestinesi.

 

Dissenso interno: l'ombra del Libano

Mentre Israele continua a fronteggiare il fuoco incrociato dai suoi nemici, emergono segnali di dissenso all’interno della leadership israeliana. Secondo fonti locali, il ministro della Difesa, Yoav Gallant, sarebbe contrario a una grande operazione militare contro il Libano, nonostante le pressioni del Comando settentrionale delle Forze di difesa israeliane (IDF). Netanyahu ha minacciato di licenziare Gallant, mentre i vertici militari, inclusi il capo di stato maggiore Herzi Halevi, sembrano inclini a una soluzione diplomatica piuttosto che a un’escalation militare. Gallant ritiene che non sia il momento giusto per una vasta offensiva, sostenendo invece l'importanza di proseguire gli sforzi per un cessate il fuoco a Gaza.

 

Sulla scena internazionale

Sul fronte diplomatico, l'attenzione resta alta. Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha incontrato il suo omologo egiziano, Badr Abdelatty, per discutere del conflitto israelo-palestinese e della situazione generale in Medio Oriente, includendo crisi come quelle di Libia e Sudan. Intanto, il leader politico di Hamas, Yahya Sinwar, invierà presto un messaggio al popolo palestinese e alla comunità internazionale, mentre le speranze per una risoluzione pacifica sembrano sempre più distanti.

Israele, pur continuando a difendere la propria posizione sul fronte bellico, dovrà affrontare anche le crescenti pressioni diplomatiche e interne, mentre la guerra si trascina oltre il suo primo anno.

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