esito atteso per metà ottobre

Matteo Salvini e il processo Open Arms: il giudizio si avvicina

Oggi la requisitoria del pubblico ministero, il vicepremier rischia fino a 15 anni di carcere per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio.

Matteo Salvini e il processo Open Arms: il giudizio si avvicina

Il processo che vede coinvolto il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, imputato per sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio, sta entrando nella fase cruciale. Oggi il pubblico ministero esporrà la sua requisitoria, cercando di dimostrare come nel 2019 Salvini abbia agito oltre i limiti del suo ruolo istituzionale, bloccando lo sbarco di 147 migranti soccorsi dalla nave della ONG spagnola Open Arms. L'accusa punta su violazioni di norme internazionali e interne relative al soccorso in mare e alla tutela dei diritti umani. Salvini si difende ribadendo di aver agito per proteggere i confini italiani. Il rischio, per lui, è una condanna fino a 15 anni di carcere.

 

Il processo in corso

Il processo contro Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio, è legato ai fatti avvenuti nell'agosto del 2019, quando il leader della Lega, allora ministro dell'Interno, vietò lo sbarco della nave Open Arms con 147 migranti a bordo, salvati al largo delle coste libiche. Oggi il pubblico ministero illustrerà la propria tesi, sostenendo che Salvini avrebbe agito in violazione delle convenzioni internazionali sul soccorso in mare e delle leggi italiane in materia di diritti umani. 

La requisitoria si concentrerà sull'accusa di aver abusato del suo potere, utilizzando il blocco dello sbarco come strumento di propaganda politica. Salvini, che non sarà presente oggi in aula, ha sempre dichiarato di aver agito per difendere il Paese e far rispettare le leggi nazionali, affermando: "Rischio fino a 15 anni di carcere per aver difeso l’Italia e i suoi confini, salvando vite". Il vicepremier potrebbe tornare in aula il prossimo 18 settembre, quando prenderà la parola il suo avvocato, Giulia Bongiorno.

Nel frattempo, l'esito del processo, atteso per metà ottobre, rischia di avere un impatto anche sul panorama politico. Le opposizioni sono pronte a chiedere le dimissioni di Salvini in caso di condanna, ma all'interno della maggioranza di governo, la convinzione è che la Lega continuerà a sostenerlo con forza, rendendo la questione ancora più divisiva.

 

La vicenda Open Arms

I fatti risalgono al 1º agosto 2019, quando la nave Open Arms, appartenente all'omonima ONG spagnola, soccorse 124 migranti nel Mediterraneo, poco distante dalle coste libiche. Il giorno successivo venne chiesto un porto sicuro all'Italia, ma il governo italiano, tramite il decreto sicurezza bis firmato anche da Salvini, vietò l'ingresso della nave nelle acque territoriali. A bordo rimasero 121 persone, tra cui 32 minori non accompagnati, mentre si procedeva al trasferimento di alcuni migranti per ragioni mediche.

Il blocco della nave scatenò una serie di ricorsi legali da parte dei legali di Open Arms, che il 9 agosto presentarono una denuncia per verificare la legittimità del blocco imposto dal governo. Successivamente, il tribunale per i minori di Palermo dichiarò che si stava configurando un reato di respingimento alla frontiera e di espulsione di minori, chiedendo spiegazioni alle autorità. Tuttavia, nonostante queste prime decisioni giuridiche, il governo continuò a negare un porto sicuro alla nave.

Il 14 agosto il Tar del Lazio accolse il ricorso di Open Arms, sospendendo il divieto di ingresso nelle acque italiane. La nave, tuttavia, non ricevette immediatamente l'autorizzazione a sbarcare, e la tensione a bordo iniziò a crescere: diversi migranti furono trasferiti per motivi di salute, mentre alcuni, esasperati, si gettarono in mare. Il 20 agosto, infine, il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, salì a bordo della nave e, constatate le condizioni, dispose lo sbarco immediato e il sequestro preventivo della nave, con l'ipotesi di abuso d'ufficio.

 

Le dichiarazioni chiave e le udienze

Nel corso delle numerose udienze del processo, sono stati chiamati a testimoniare vari esponenti di primo piano della politica italiana, tra cui l'attuale ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, che nel 2019 ricopriva il ruolo di capo di gabinetto di Salvini. Anche l'ex premier Giuseppe Conte e gli ex ministri Danilo Toninelli ed Elisabetta Trenta hanno ribadito che la decisione di vietare lo sbarco fu presa direttamente da Salvini.

Durante un’udienza del giugno scorso, i pubblici ministeri hanno sottolineato come il comportamento di Salvini nei confronti delle ONG fosse una strategia politica già consolidata. "Già due anni prima del 2019 l’imputato strumentalizzava il tema delle ONG," hanno affermato i pm, citando come esempio la sentenza di non luogo a procedere nel processo di Trapani contro membri di altre organizzazioni impegnate nel soccorso ai migranti.

La procura sostiene che Salvini avrebbe agito non per motivi tecnici o legali, ma per guadagnare consenso politico, come confermato da diverse testimonianze, tra cui quelle di Conte, Toninelli e Luigi Di Maio. Le accuse puntano a dimostrare che la volontà di Salvini di bloccare i migranti derivava più da calcoli elettorali che da questioni di sicurezza nazionale.

 

Con la requisitoria del pubblico ministero e l’arringa difensiva dell’avvocato Bongiorno attese nelle prossime settimane, la conclusione del processo si avvicina rapidamente. Resta da vedere se Salvini verrà giudicato colpevole o assolto, e quale impatto questa vicenda avrà sul futuro politico del vicepremier e sul governo italiano.

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