312° giorno di conflitto

Iran, Israele e la crisi a Gaza: tra minacce militari e diplomazia

Biden esorta Teheran a ritirarsi mentre gli alleati europei si uniscono all’appello. L’Iran rivendica il diritto di rispondere agli attacchi israeliani.

Iran, Israele e la crisi a Gaza: tra minacce militari e diplomazia

Il conflitto nella Striscia di Gaza, giunto al suo 312° giorno, continua a generare tensioni internazionali di vasta portata, coinvolgendo non solo i diretti contendenti, ma anche le principali potenze mondiali. Le azioni militari sul campo, accompagnate da dichiarazioni e manovre diplomatiche, riflettono un conflitto che non mostra segni di tregua.

Gli Stati Uniti, insieme ai loro alleati europei, stanno cercando di contenere la crisi, mentre l'Iran mantiene una posizione ferma nel suo diritto di rispondere alle provocazioni israeliane. 

 

Escalation militare e diplomatica

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha intensificato gli sforzi diplomatici, sollecitando gli alleati europei a unirsi in un appello all'Iran per evitare ulteriori escalation. Durante una telefonata con i leader di Francia, Germania, Italia e Gran Bretagna, Biden ha espresso la necessità di contenere le tensioni, avvertendo che un attacco iraniano contro Israele avrebbe "gravi conseguenze per la sicurezza regionale". Gli alleati hanno ribadito il loro sostegno agli sforzi volti a raggiungere un cessate il fuoco a Gaza e a garantire la liberazione degli ostaggi.

Nonostante le pressioni internazionali, Teheran non ha mostrato segni di voler fare marcia indietro. Il governo iraniano, attraverso il suo ministro degli Esteri, ha ribadito che la loro risposta agli attacchi israeliani è "inevitabile". Il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, in un'intervista al Tg4, ha rivelato che il suo omologo iraniano ha adottato una posizione intransigente, ritenendo che un'azione militare sia ormai inevitabile. Tajani ha tentato di dissuadere l'Iran da questa strada, sottolineando che un'escalation porterebbe a un ulteriore aggravamento della situazione, con conseguenze disastrose per i civili.

 

La situazione sul campo: scontri e vittime

Nel frattempo, sul campo, la violenza non accenna a diminuire. Le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno ucciso un comandante delle Brigate Al-Qassam, ala militare di Hamas, in Cisgiordania, suscitando una dura reazione da parte del movimento palestinese. Il ministero della Sanità palestinese ha confermato che Tariq Ziad Abdul Rahim Daoud, diciottenne e comandante delle Brigate Al-Qassam nel governatorato di Qalqilya, è stato ucciso dalle forze israeliane. Hamas ha definito l'operazione un "vile assassinio", rinnovando l'impegno alla resistenza contro l'occupazione.

L'esercito israeliano, dal canto suo, ha giustificato l'azione sostenendo che Daoud aveva sparato a un civile israeliano a Qalqilya, una zona da cui gli israeliani sono ufficialmente banditi. Il bilancio delle vittime in Cisgiordania continua a crescere: almeno 618 palestinesi sono stati uccisi dall'inizio del conflitto, secondo un conteggio dell'Afp basato su dati ufficiali palestinesi, mentre 18 israeliani, tra cui diversi soldati, hanno perso la vita in attacchi condotti da palestinesi.

 

La crisi economica in Israele

Israele si trova a dover affrontare anche gravi ripercussioni economiche. L'agenzia Fitch Ratings ha recentemente abbassato il merito di credito a lungo termine del Paese da "A+" a "A" con outlook negativo. Il declassamento riflette l'impatto prolungato del conflitto sulla stabilità economica di Israele, con una previsione di deficit di bilancio pari al 7,8% del PIL nel 2024 e un debito che supererà il 70% del PIL nel medio termine. Fitch ha inoltre avvertito che è probabile un deterioramento degli indicatori di governance, elemento che potrebbe ulteriormente compromettere il profilo creditizio del Paese.

 

Mentre la diplomazia internazionale tenta di scongiurare un'escalation irreversibile, il campo di battaglia rimane un luogo di scontri e sofferenze. Le dichiarazioni di Biden e degli alleati europei riflettono la preoccupazione per un conflitto che potrebbe sfuggire di mano, trascinando l'intera regione in una crisi senza precedenti. La posizione rigida dell'Iran e la risposta militare di Israele non lasciano spazio all'ottimismo. Le prossime settimane saranno decisive per determinare se la diplomazia riuscirà a prevalere o se la violenza continuerà a dettare il corso degli eventi.

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