240esimo giorno di conflitto

Guerra a Gaza, il no di Netanyahu a Biden per un cessate il fuoco

Mentre i falchi del suo governo minacciano di abbandonare, il premier israeliano respinge il piano in tre fasi del presidente USA. Manifestazioni a Tel Aviv

Guerra a Gaza, il no di Netanyahu a Biden per un cessate il fuoco

Il conflitto tra Israele e Hamas ha raggiunto il 240° giorno, con un crescendo di tensioni e interventi diplomatici. La guerra, che ha devastato la Striscia di Gaza e scosso profondamente la società israeliana, vede ora un nuovo punto di svolta con l'intervento del presidente statunitense Joe Biden, che ha proposto un piano dettagliato per il cessate il fuoco. Tuttavia, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha risposto negativamente, provocando reazioni sia all'interno del governo che tra la popolazione civile. Questo scenario complesso e mutevole evidenzia le profonde divisioni e le sfide persistenti nel trovare una soluzione duratura al conflitto.

 

Il rifiuto di Netanyahu e le divisioni interne

Benjamin Netanyahu, primo ministro israeliano, ha categoricamente respinto la proposta di cessate il fuoco avanzata dal presidente statunitense Joe Biden, definendola un "non-inizio". Questa decisa presa di posizione ha innescato una forte reazione tra i cosiddetti 'falchi' del governo, che minacciano ora di abbandonare l'esecutivo, destabilizzando ulteriormente l'attuale coalizione di governo.

Ophir Falk, consigliere capo per la politica estera di Netanyahu, ha dichiarato al Sunday Times che Israele è pronto a negoziare per il rilascio degli ostaggi, pur riconoscendo che l'accordo proposto non è ideale per il paese. Falk ha ribadito che un cessate il fuoco permanente non sarà possibile finché tutti gli obiettivi di Israele non saranno raggiunti, sottolineando la determinazione del governo nel perseguire la distruzione delle capacità militari e di governo di Hamas. Intanto, a Tel Aviv, migliaia di persone sono scese in piazza, guidate dalle famiglie degli ostaggi, per manifestare il proprio dissenso e chiedere una soluzione alla crisi che ha devastato molte vite. 

 

La risposta di Hamas e le pressioni internazionali

Dall'altra parte del conflitto, Osama Hamdan, alto rappresentante di Hamas in Libano, ha accolto positivamente l'appello di Joe Biden, sottolineando tuttavia la necessità di un accordo chiaro e definitivo che includa un cessate il fuoco permanente, il ritiro delle forze israeliane da Gaza e la ricostruzione della regione devastata.

Le delegazioni di Israele, Stati Uniti ed Egitto sono attese oggi al Cairo per discutere ulteriormente la crisi, segnando un passo cruciale nelle negoziazioni internazionali. Hamas ha espresso un cauto ottimismo riguardo alla roadmap proposta da Biden, ma la decisione finale spetterà ai leader di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar e Mohammed Deif, figure chiave della fazione islamista.

La Jihad islamica, altro gruppo che detiene ostaggi israeliani, ha manifestato sospetto verso il piano di Biden, riflettendo la complessità delle dinamiche interne alle fazioni palestinesi e la diffidenza nei confronti delle proposte israeliane. Netanyahu ha riaffermato che la fine della guerra dipenderà dalla distruzione delle capacità di Hamas e dalla liberazione di tutti gli ostaggi, ribadendo che Israele non accetterà un cessate il fuoco senza il raggiungimento di questi obiettivi. 

 

Rafah, snodo strategico militare ed umanitario

La città di Rafah continua a essere un punto strategico cruciale non solo dal punto di vista militare, ma anche per il passaggio degli aiuti umanitari diretti all'enclave palestinese. Recentemente, l'Egitto ha accusato Israele di aver respinto i camion con aiuti umanitari destinati a Gaza al valico di Kerem Shalom, dove avvengono i controlli di sicurezza. Le fonti del Cairo attribuiscono il respingimento alla ripresa degli scontri armati tra Israele e Hamas nell'area e vicino a Rafah sul lato palestinese. Inoltre, gli addetti del terminal di Rafah sul lato egiziano hanno confermato il ritorno di decine di camion di aiuti umanitari ai magazzini logistici dello scalo, sottolineando la complessità e la criticità della situazione umanitaria in corso. Questa crisi umanitaria sta esacerbando le condizioni di vita già precarie dei civili palestinesi, aggravando ulteriormente la tensione nella regione.

 

A Tel Aviv 120 mila persone contro Netanyahu

Una notte di intense manifestazioni ha scosso Tel Aviv, dove circa 120.000 persone sono scese in piazza chiedendo al governo di portare avanti l'accordo per il rilascio degli ostaggi e di rimuovere il primo ministro Benjamin Netanyahu. È stata la manifestazione più imponente dalla strage di Hamas del 7 ottobre, con partecipanti anche da altre località del Paese.

Nella Piazza della Democrazia, dopo la conclusione della manifestazione ufficiale, i manifestanti hanno continuato a intonare slogan e alcuni attivisti hanno acceso un falò, provocando scaramucce con la polizia. Secondo Haaretz, due manifestanti sono stati arrestati e la polizia ha utilizzato un cannone sonoro per disperdere la folla. Il sito di notizie Ynet ha riferito che 14 agenti di polizia, incluso il vice comandante del dipartimento di polizia di Tel Aviv, sono rimasti feriti durante gli scontri.

Le manifestazioni di protesta nella famosa piazza, all'incrocio tra Begin e Kaplan Street, si svolgono ogni sabato sera dal momento in cui è iniziato il movimento contro la riforma della giustizia del governo ultraconservatore, ad eccezione di una pausa dopo l'attacco del 7 ottobre. Shaul Meridor, ex capo del dipartimento di bilancio del ministero delle Finanze, ha aperto la manifestazione criticando duramente Netanyahu e sottolineando la percezione di isolamento internazionale di Israele.

 

Usa, Bernie Sanders: "Netanyahu criminale di guerra, lo boicotterò"

Il senatore Bernie Sanders ha annunciato che boicotterà il discorso del premier israeliano Benjamin Netanyahu al Congresso, definendolo un "criminale di guerra". "Non doveva essere invitato al Congresso. Io sicuramente non ci sarò", ha dichiarato Sanders, descrivendo l'invito come un "giorno triste per l'America". Pur riconoscendo il diritto di Israele di difendersi, Sanders ha criticato aspramente l'operazione a Gaza, condannando le gravi perdite umane e la devastazione causata. "Israele non ha il diritto di uccidere più di 34.000 civili e ferirne più di 80.000. Non ha il diritto di lasciare 19.000 bambini orfani, di annientare il sistema sanitario di Gaza, di bombardare scuole e università e di negare a 625.000 bambini di Gaza l'occasione di un'istruzione", ha dichiarato Sanders, esprimendo una dura critica alla gestione del conflitto da parte di Netanyahu.

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