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Ipotesi percorribili

Crisi di governo, la lunga attesa. Cosa sta cambiando in queste ore

5S sempre più divisi e meno indispensabili. L’ipotesi di una nuova maggioranza prende piede ma a Draghi l’ultima parola. E non è detto che accetti il bis

Crisi di governo, la lunga attesa. Cosa sta cambiando in queste ore

Sono i partiti presenti in Parlamento a dover decidere tecnicamente le sorti del governo, anche se le intenzioni del premier Mario Draghi hanno un ruolo fondamentale. Quella a cui assistiamo è senza dubbio una lunga attesa, prima delle comunicazioni di mercoledì prossimo dell’ex numero uno della Bce alle Camere. Una scelta operata dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, quella del rinvio di Draghi in Aula con cui ha voluto parlamentarizzare la crisi e, allo stesso tempo, aprire degli spiragli - se davvero ce ne fossero - per una soluzione che garantisca al Paese un esecutivo almeno fino a fine anno, fino cioè al completamento del ciclo di bilancio con i conti pubblici in regola.

 

Il quadro politico in questi giorni per alcuni versi si è complicato, per altri si sta paradossalmente semplificando. E spieghiamo subito perché. Le spaccature interne al M5S potrebbero ulteriormente deflagrare. Due dei tre ministri presenti nell’esecutivo, Federico D’Inca e Fabiana Dadone, non sarebbero disponibili a seguire il leader del Movimento, Giuseppe Conte, e ad uscire dalla compagine di governo. Se così fosse, come avevamo scritto su questo giornale già qualche giorno fa, il pericolo di una nuova scissione nei pentastellati si farebbe più concreto.

 

Con il Movimento dissolto in nuovi rivoli (non tutti i filo-Draghi confluirebbero però nel nuovo partito del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio), persino la determinazione del premier a non voler proseguire il suo mandato senza i 5S perderebbe di senso. E a quel punto una nuova maggioranza si farebbe spazio e, soprattutto, potrebbe essere accettata dall’inquilino dimissionario di Palazzo Chigi. Seguendo questa strada si troverebbe anche un’intesa con Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, che hanno dichiarato di non essere più disposti ad entrare in una coalizione che comprenda i 5S. 

 

Ma siamo sicuri che Mario Draghi dica sì a una nuova maggioranza che gli vota la fiducia? Il Draghi bis per cui lavorano alacremente Pd, Italia Viva e, seppure meno vistosamente, alcuni settori del centrodestra – ieri il governatore della Liguria, Giovanni Toti, ha firmato l’appello che oltre mille sindaci e rettori hanno rivolto al premier per restare - non è detto che abbia reali chances di vedere la luce. Se il premier insiste di voler andare avanti solo con una coalizione di unità nazionale allora dalle secche attuali sarà difficile uscire. Ma c’è un ‘ma’. Il Parlamento è sovrano e in queste ore sta prendendo piede l’ipotesi di un programma blindato di fine legislatura che le Camere potrebbero votare. In questo caso Draghi, qualora la ritenesse un’opzione percorribile, i voti in Parlamento li avrebbe comunque anche perché dallo stesso non è mai stato sfiduciato.

 

Le ipotesi sono tutte aperte. Peraltro, si ha l’impressione che con il passare delle ore mentre il Movimento Cinque Stelle - che ha innescato la crisi - si indebolisce, il favore di cui gode il premier cresce, a livello di opinione pubblica e istituzionale e, certamente, anche in ambito internazionale.  Dal Colle Mattarella osserva e lascia che la matassa politica si dispieghi e che il contesto evolva. Se la crisi venisse scongiurata e Draghi con una delle soluzioni tecniche utilizzabili restasse il timoniere del governo, ancora una volta il capo dello Stato avrebbe visto più lontano di tutti.

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