Il vertice a Villa Grande

Quirinale, Salvini e Meloni appoggiano la candidatura di Berlusconi

Il centrodestra apre una partita dagli sbocchi improbabili. A meno che non vogliano usare il nome del Cavaliere come una sorta di cavallo di Troia

Quirinale, Salvini e Meloni appoggiano la candidatura di Berlusconi

A questo punto è davvero un rebus - a dieci giorni dall’inizio delle votazioni per il presidente della Repubblica – la strategia del centrodestra che ha deciso di dare l’appoggio alla candidatura di Silvio Berlusconi. Oggi si è svolto a Villa Grande, la residenza romana del Cavaliere, il vertice a cui hanno partecipato Matteo Salvini, Giorgia Meloni, il coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani, il segretario Udc Lorenzo Cesa, l’ex sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta, Maurizio Lupi (Nci) e Luigi Brugnaro di Cambiamo.

 

Al termine una nota congiunta ha comunicato che “il centrodestra, che rappresenta la maggioranza relativa nell’assemblea chiamata a eleggere il nuovo capo dello Stato, ha il diritto e il dovere di proporre la candidatura al massimo vertice delle istituzioni. I leader della coalizione hanno convenuto che Silvio Berlusconi sia la figura adatta a ricoprire in questo frangente difficile l’alta carica con l’autorevolezza e l’esperienza che il Paese merita e che gli italiani si attendono. Gli chiedono pertanto di sciogliere in senso favorevole la riserva fin qui mantenuta”.

 

Ma ci sono due elementi che balzano agli occhi. Il primo: il centrodestra da solo non ha i numeri per eleggere un suo candidato nemmeno al quarto scrutinio quando basteranno 505 voti, ovvero la maggioranza assoluta. Oggi Lega, Forza Italia, Fdi, Coraggio Italia e Noi Italia possono contare su 451 grandi elettori, tra deputati, senatori e delegati regionali. Mancano all’appello 53 voti. Secondo: i leader del centrosinistra e anche il M5S hanno respinto da giorni la candidatura di Silvio Berlusconi ritenendola molto divisiva e tale da impedire l’aperura di un dialogo e la ricerca di un’intesa. Nessun confronto potrà avviare il centrodestra sulla base della sola opzione Berlusconi. E questo, politici navigati come Matteo Salvini e Giorgia Meloni, non possono non saperlo. 

 

In più c’è un altro fattore che lascia riflettere. Ieri e oggi Gianni Letta - l’uomo che più di altri negli anni addietro è stato vicino al fondatore di Mediaset quando ha guidato quattro governi repubblicani, svolgendo una essenziale funzione di raccordo con tutte le forze parlamentari e politiche e istituzionali - ha espresso sostanzialmente un veto sulla corsa al Colle del presidente di Forza Italia. Questo pomeriggio, cogliendo volutamente l’occasione offerta dalle telecamere a margine dei funerali di Stato del Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, Letta si è di nuovo espresso, rompendo quel silenzio che per decenni ha contraddistinto il suo operato. E’ stato lapidario: il presidente “sia eletto pensando all’interesse del Paese e non di una parte”. E ancora: “Il clima di serenità e di valutazione degli interessi generali del bene comune, prima di tutto, deve essere la guida per tutti quelli che hanno la responsabilità, il compito di eleggere il capo dello Stato. Spero che si possa svolgere in questo clima di serena partecipazione, di armonia, di impegno comune per il bene comune”. Intanto Enrico Letta, segretario dem, ha ribadito: “Ripeto quello che ho sempre detto, il candidato deve essere unitario e non divisivo. Non deve essere un capo politico, ma una figura istituzionale”.

 

Dunque, cosa aleggia davvero dietro la candidatura che ufficialmente Lega e FdI hanno lanciato insieme a Forza Italia è ancora poco limpido. Salvini e Meloni insieme agli altri leader all’unisono “chiedono a Berlusconi di sciogliere la riserva e dire sì”. Ma politicamente sanno bene che la strada è praticamente senza uscita. A meno che questa candidatura non sia solo un cavallo di Troia.

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