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Il destino del capo dello Stato

Se l’ipotesi di un Mattarella bis comincia a riprendere quota

Il presidente ha escluso il doppio mandato convinto che la politica debba svolgere il proprio ruolo ed eleggere il successore. Ma se il quadro si complica?

Se l’ipotesi di un Mattarella bis comincia a riprendere quota

Mattarella è stato impeccabile. Ha gestito gli ultimi mesi del suo mandato con assoluta limpidezza circa la conclusione del settennato e l’esclusione dell’ipotesi di un bis. Il dettato costituzionale non dice nulla al riguardo lasciando aperta l’ipotesi di una rielezione del presidente della Repubblica in base alla contingenza del caso. Ma il capo dello Stato ha sempre interpretato in maniera restrittiva la ‘possibilità’ che offre la Carta, considerando una forzatura il ricorso a un nuovo incarico del vertice delle istituzioni repubblicane.

 

L’inquilino del Quirinale negli ultimi mesi ha sgomberato il campo da questa evenienza ripetendo in ogni occasione pubblica la sua indisponibilità a una ricandidatura, seppure ‘ a termine’ per arrivare al giro di boa del 2023, quando la legislatura si concluderà naturalmente e anche il premier, Mario Draghi, sarà sganciato da ogni responsabilità di governo. La correttezza di Matterella è stata insieme istituzionale e politica. A monte della sua decisione va ascritta senza dubbio la volontà di restituire alla politica, alle forze di partito, il ruolo che appartiene loro.

 

Al Parlamento riunito in seduta comune e con l’aggiunta dei rappresentanti dei Consigli regionali, ovvero degli enti locali, spetta ogni sette anni, come indicato dai Padri costituenti, il compito di eleggere l’inquilino del Colle. Una funzione fondamentale e un ufficio a cui persino questa politica malandata e affaticata non può, e non deve sottrarsi, abdicando alle responsabilità che ne seguono. I partiti sono tenuti, insomma, ad ogni sforzo utile per l’uscita da un’impasse che richiede la capacità, non impossibile, di un salto di qualità, di un’operazione di saggezza istituzionale per esprimere l’arbitro che dal Colle si farà garante della politica e delle istituzioni. Non sarà Mattarella a togliere le castagne dal fuoco alle forze parlamentari ed è giusto che sia così. Ma cosa accadrebbe se ogni tentativo andasse a vuoto e se, non una parte politica, ma l’intero Parlamento gli chiedesse di ricandidarsi?

 

Il quadro nelle ultime ore si è ulteriormente complicato. Persino gli alleati, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, non sanno bene a che gioco stia giocando Silvio Berlusconi. Il quale ha lanciato la sua sfida diretta a Mario Draghi: “Forza Italia non sosterrà nessun altro governo che non quello dell’attuale premier”. Ergo: se l’ex numero uno della Bce salisse al Quirinale si va subito a votare con tutto ciò che ne consegue per un Paese in piena quarta ondata pandemica, con i progetti del Pnrr da mettere a terra, le riforme da completare, una nuova crisi economica da scongiurare (nel caso che tutti auspicano non si verifichi che si rendano necessarie nuove chiusure). Il fondatore di Mediaset – questo è certo – non intende rinunciare a stare in partita e va in pressing sulla sua candidatura convinto della fattibilità, illusoria persino per tanti esponenti del centrodestra, della sua elezione.

 

Il più in difficoltà in questo risiko è Salvini. Se il ‘vecchio’ Cavaliere continuasse con le sue sortite il leader del Carroccio rischia sul serio di perdere quella funzione di mediazione che, invece, desidera a tutti i costi con l’ambizione di raggiungere un’intesa conveniente con Pd e Cinque Stelle. È un rebus. La fermezza con cui ieri il presidente del Consiglio si è rifiutato di rispondere alle domande sul Quirinale indicano che è davvero urtato dall’andazzo che sta prendendo la sua candidatura. E nessuno è in grado di dire come finirà.

 

Sul tavolo c’è inoltre un elemento estremante rilevante e che potrebbe cambiare completamente le carte in tavola: la corsa della pandemia, più veloce di qualunque candidato aspiri alla prima carica dello Stato. Contagi e quarantene non solo possono compromettere la partecipazione al voto di un numero rilevante di parlamentari, sono già più di 40 quelli assenti dai lavori delle Aule, ma addirittura costringere l’Ufficio di presidenza della Camera, che decide le modalità di voto, ad optare per forme che in futuro potrebbero essere oggetto di legittime contestazioni. E come ha dichiarato un noto costituzionalista, il professore Francesco Clementi, “è impensabile entrare in Aula già decimati dalla variante”. Insomma, non ora ma a mano a mano che si avvicina la data del 24 gennaio, giorno della prima chiama, davvero il Mattarella bis potrebbe prospettarsi come l’unica soluzione possibile. In extremis, il presidente – valutato l’impegno della politica e riscontrata abnegazione per la ricerca di un punto di caduta ma senza sbocchi - potrebbe tornare sui suoi passi e compiere il ‘sacrifico’ che aveva escluso. Per il bene del Paese e per un anno solo. Nel 2023 comincerà tutta un’altra storia.

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