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Il punto debole

I candidati ‘civici’ specchio delle fragilità del centrodestra

Milano, Roma, Napoli, Torino: nelle grandi città manca la classe dirigente. Salvini e Meloni con un piede nell’alleanza, con l’altro fanno il proprio gioco

I candidati ‘civici’ specchio delle fragilità del centrodestra

Alla fine anche Milano avrà il suo candidato ‘civico’. Luca Bernardo, primario pediatra del Fatebenefratelli, guiderà il centrodestra per strappare a Giuseppe Sala Palazzo Marino. Dopo l’altro ‘civico’ – l’avvocato Enrico Michetti a RomaLega, Forza Italia e FdI confermano nel capoluogo lombardo una scelta che politica non è. E che lungi dal dare un segnale di forza della coalizione ne rivela, invece, tutta la fragilità del momento. Perché nomi di peso, con esperienza di partito e di amministrazione cittadina, il centrodestra non ne ha trovati, preferendo ripiegare su candidati di comprovata professionalità nel proprio ambito di competenza, ma sconosciuti ai più.

 

L’opzione ‘civici’  Salvini e gli alleati l’hanno perseguita anche con Paolo Damilano a Torino e Catello Maresca a Napoli. Oggi ci sarà l’ufficializzazione di Bernardo a Milano e probabilmente si scioglieranno i nodi su Bologna. Dove però la corsa vede ancora in lizza l’imprenditore Fabio Battistini, l’editore Roberto Mugavero e il senatore di Fi, Andrea Cangini. Salvini, spinto dal bisogno di portare a termine quanto prima una partita che si trascina da mesi, ha assicurato: “oggi si chiude tutto”. Vuole dare un segnale di concretezza il leader del Carroccio ma insieme a Berlusconi e Meloni lascia sul terreno una crisi irrisolta: la mancanza di una classe dirigente locale in grado di esprimere i quadri nazionali dei prossimi anni.

 

Il Capitano è politico troppo astuto per poter gioire delle scelte costretto a fare nelle città più importanti del Paese. E nemmeno è convincente l’ipotesi che le amministrative, nella mente del leghista, siano un passaggio meno importante rispetto ad alcuni dossier nazionali di prima portata. Tutt’altro. Le elezioni d’autunno segneranno una tappa fondamentale per decidere i rapporti di forza nella maggioranza e nelle aule parlamentari quando si tratterà di eleggere il nuovo inquilino del Quirinale.

C’è poi un dato che emerge: seppure comuni, le candidature di centrodestra non sembrano esprimere unità di intenti dei partiti in campo. Ognuno dei quali, dà l’impressione di giocare match paralleli, in cui non è vincere la cosa più importante. Sul piano nazionale, con gli azzurri in crisi di consenso e dilaniati da faide interne, Fratelli d’Italia e Lega con un piede sono nell’alleanza con l’altro costruiscono le proprie ambizioni singolarmente.

 

Nella guerra dei sondaggi da qualche tempo è il leghista a inseguire la competitor principale. Cosa che sta avvenendo con un cambio di passo repentino, per esempio, rispetto alla bandiera del nazionalismo che da un po’ non sventolava sui tetti di via Bellerio. E che l’ex ministro dell’Interno ha ritirato fuori sottoscrivendo con Orban, Le Pen e Zaczynsky la dichiarazione per il ritorno agli Stati- Nazione. Lui che è nel governo ‘europeista’ di Mario Draghi. 


Non è dato sapere, dunque, quale carta stiano veramente giocando i leader del centrodestra con le candidature proposte. Il quadro è confuso e le amministrative cadono in una fase in cui tutte le forze politiche si stanno riorganizzando. Si cercano nuovi equilibri anche a destra. L’offerta politica è mutevole e i progetti a lungo termine scarseggiano. I candidati per le grandi città che Salvini, Meloni e Berlusconi stanno esprimendo sono lo specchio di questa incertezza. Un rimedio provvisorio a una falla importante.

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