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In onore di Briciola, la gatta che riscatta post orrendi sugli animali

La pet celebrity culture non può prescindere dal rispetto. Le nuove regole per i tiktoker dovrebbero valere anche per cani e gatti. E per i padroni

In onore di Briciola, la gatta che riscatta post orrendi sugli animali

Nel poco numeroso ma abbastanza poderoso sistema della moda nazionale, esistono due star a quattro zampe: Audrey, il Jack Russell di Donatella Versace, e Topastro, adorabile meticcio dalle grandi orecchie e il musetto allungato, che vive con Alessandro Calascibetta, direttore di Style del Corriere della Sera. Per onor di verità, ci sarebbe anche Nana, la bassotta di Barbara Modesti del Tg1, ma sui social, e in particolare su Instagram, viene mostrata con meno frequenza rispetto agli altri due. Topastro (in alternativa Giantopo o GinoTopino, vezzeggiativo quest'ultimo che gli assomiglia davvero moltissimo) è uso apparire in prossimità del week end, molto rilassato o acciambellato sui cuscini del divano, da dove distilla pillole di saggezza per mano e scrittura del suo padrone, uomo affettuoso e riservato. Topastro raccoglie ogni volta centinaia di apprezzamenti, del tutto ignaro del proprio successo mondano presso il pubblico di connaisseur dell'immagine e della parola che, fino allo scoppio della pandemia, imploravano il padrone: "Perché non porti mai Topastro alle sfilate?”. Di Nana conosciamo invece le vacanze estive in Sicilia e le passeggiate quotidiane a Villa Borghese, anche durante il primo lockdown, cosa che a noi, costrette per i troppi spostamenti fra città a fare a meno della compagnia di un animale, dunque a essere state chiuse in casa per mesi, ha portato molta allegria e provocato un filo di invidia.

 

Abbiamo pianto con Francesca Delogu, direttore di Cosmopolitan, quando è morto, molto anzitempo, il suo amato Tyson, bulldog dallo sguardo adorabilmente attonito, e abbiamo applaudito Antonella Zivillica, altra "canara" di vaglia, quando ha convinto la presidenza di Italo, di cui è direttore comunicazione, a riservare un trattamento speciale agli animali sui treni della società (tappetino, ciotola, spazio riservato accanto al padrone). Insomma, nel nostro piccolo siamo favorevoli alla presenza dei canetti perfino in redazione e lo saremmo anche in università, dove al momento si fatica a far entrare anche i duezampe. Sul valore della pet celebrity culture stiamo invece ragionando. Audrey Versace, per esempio, è una celebrità. Dopo aver acquisito il patronimico, è infatti titolare di un profilo Instagram che vanta circa 30mila follower, e di recente è apparsa nel filmato di presentazione della campagna prefall 2021: non ha bisogno di trovarsi clienti o opportunità di visibilità, perché la sua padrona gliene offre abbastanza spesso, con calibrata attenzione.

 

Ci pare invece che perda giorno dopo giorno di appeal Choupette, la celeberrima gatta di Karl Lagerfeld di cui si sente sempre meno parlare dopo la morte del suo padrone, due anni fa, al termine di una carriera lunga cinquant'anni e potentissima: il profilo "choupettesdiary" è fermo da due mesi, dopo essersi trasformato in un progetto commerciale. Le immagini della bellissima gatta bianca sono scomparse, sostituite da disegni che, pur molto graziosi, molto "Fifties chic", hanno del tutto perso di spontaneità, che è appunto il nodo dirimente della questione, cioè del difficile equilibrio fra lo sfruttamento dell'immagine di un essere senziente ma manipolabile ad aeternum come un animale.

 

All'opposto di Laura Morino, organizzatrice di eventi e grande sostenitrice della Lega Nazionale del Cane, che racconta scherzando di non avere mai aperto un profilo per i suoi Luce e Lampo, salvati dalle strade della Calabria molti anni fa e, racconta, entrambi dotati di personalità volitive e brillanti al punto di intuire quando stiano per essere immortalati sul cellulare e darsela a zampe levate, ci sono invece migliaia di utenti di Instagram e di TikTok che trascorrono il tempo a travestire i propri cani, gatti, persino procioni e porcellini d'India (abbiamo scoperto che la sezione guineapig è ricchissima), nella speranza di raccogliere like e, va da sé, qualche o molti denari. Non si sono inventati niente: lungo tutto l'arco della storia, ma in particolare dal Settecento in poi, i cagnolini hanno accompagnato la giornata dei loro padroni infiocchettati, viziati e anche resi sedentari e grassi dai troppi vizi: durante il liceo, tutti noi abbiamo desiderato di assestare un calcione all'orrenda Vergine Cuccia come il malcapitato lacché pariniano.

 

Sul rapporto spesso simbiotico fra uomo e animale domestico si scrive da millenni (e lo pseudonimo Filelfo ne ha riunito tanti esempi per Einaudi nel best seller di questo inverno "L'Assemblea degli animali") e si sa che dittatori spietati con gli uomini erano padroni tenerissimi e amorevoli di moltitudini di cani. Si sa anche che i social hanno prosperato sull'immagine di teneri gattini, al punto che l'abbinamento fra facebook, Instagram e i "cute pets" è diventato un topos letterario. Andatevi a leggere "Instagram al tramonto" dell'amico Paolo Landi per capire quanto. Insomma, di cani, gatti e immagine sappiamo tutto, o quasi.

Ma crediamo anche che ci sia una differenza fra chi pubblica scatti per così dire naturali del proprio animale, scattate per esempio durante una corsa sulla spiaggia, e chi invece li antropomorfizza, li traveste, li rende ridicoli per il divertimento degli scroller pazzi dei social. Da quando abbiamo iniziato la ricerca per questo articolo, l'algoritmo di Instagram, come ovvio sollecitato dal nostro improvviso cambio di interesse rispetto alla moda, al teatro e alla musica, ci sta inviando decine di immagini che definire raccapriccianti sarebbe riduttivo. Cretine oltre il limite, ma soprattutto umilianti per gli animali.

 

Il mondo che ha sostanzialmente (e giustamente) abolito il circo degli animali e i suoi Dumbo, pare invece che non riesca a pascersi a sufficienza di cani con gli occhiali da sole e il cappello sulle ventitre, di gatti travestiti da mignotte o di porcellini d'India ficcati in una vasca piena di schiuma. Siamo lontani milioni di anni luce dai Lassie accarezzati da Liz Taylor della nostra infanzia. Dunque, mentre l'autorità garante è intervenuta sull'uso di TikTok da parte dei pre-adolescenti e il governo – anzi ancora il governo Conte uscente – ha avviato una campagna di sensibilizzazione dei genitori, in pratica esortandoli a fare il loro mestiere che no, non è dolersi per l'aperitivo mancato, sul rispetto degli animali la sensibilità è ancora ai minimi termini. Per qualche padrone che, pur sfruttando le opportunità commerciali, trasmette amore e considerazione per il proprio compagno animale, gli esempi di mostrificatori sono infiniti. E non sanzionati. "Dietro ogni animale c’è, come ovvio, un padrone", dice Fabio Betti, fondatore e Ceo di 2Much Tv, una delle poche agenzie italiane rilevanti nel sistema della comunicazione talent, che non a caso gestisce decine di influencer (gestendone anche le giornate e gli impegni, studi compresi) e ha da poco inaugurato una sezione riservata ai pet, cioè ai loro padroni.

 

Fra i casi più rilevanti di successi mondiali Betti cita Doug the Pug, che in effetti vanta 8 milioni di follower un circa 100mila like per post (siamo andati a cercare: un povero quattrozampe tramortito di hamburger, fette di pizza, palloncini colorati, cappellini di lana e tutte le schifezze della pop culture di eterna tendenza nella Bible Belt americana, cioè sud e dintorni, di cui la proprietaria è nativa). In tempi di pandemia e di azzeramento dei momenti meet&greet dei fan con l'influencer e che, fra le tante conseguenze, hanno provocato un crollo verticale delle vendite dei loro libri, secondo quanto confermano in Mondadori (per fortuna, aggiungono, c’è il libro di Rocco Casalino), i pet sono diventati una gran risorsa. Inteneriscono, fanno il pieno di like e non vengono colpiti dal Covid. Sempre ci piacciano davvero, starebbe alla nostra sensibilità capire quali valga la pena di sostenere, tenendo conto innanzitutto dell'intelligenza, del gusto e della dose di umanità dei loro padroni, la cui mancanza sembra purtroppo una costante.

Per questo, ci piace molto lo spot per il nuovo servizio e-commerce di Arcaplanet, dove l'ordine di acquisto di pet food viene inoltrato direttamente dalla gatta di casa. "C’è una consegna per la signorina…Briciola". Avrete presente di sicuro, e di sicuro vi sarà piaciuto. È uno di quei cari vecchi spot pubblicitari televisivi, fatto con garbo, cultura e ironia necessari, e che vi lancia anche una piccola provocazione: Attenti, gli animali ci guardano e non ci giudicano. Ma saprebbero prendere il sopravvento, alla bisogna. È la stessa tesi di Filelfo.

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