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Il caso Lega

La Lega nel tritacarne delle inchieste, tra fumo e arrosto

Oggi Matteo Salvini in tribunale a Catania per la Gregoretti, ecco le vicende giudiziarie del Carroccio: dal Russia-gate ai 49 milioni di euro scomparsi

La Lega nel tritacarne delle inchieste, tra fumo e arrosto

L’ultimo in ordine di tempo, ma forse anche quello più clamoroso, è il processo Gregoretti, con l’udienza preliminare a Catania oggi 3 ottobre.

 

Sul banco degli imputati proprio il leader della Lega, Matteo Salvini, per il caso di “sequestro di persona” a danno di 131 migranti che nel 2019 tra il 27 e il 31 luglio furono trattenuti a bordo della nave Gregoretti, quando il Viminale ne vietò lo sbarco nel porto di Augusta. 

 

Al via da oggi 3 ottobre il processo di Salvini Gregoretti ma le vicende giudiziarie del Carroccio non riguardano solo il suo leader: dal Russia-gate al caso Rixi, passando per i 49 milioni di euro “scomparsi” all’epoca di Umberto Bossi, ecco i fascicoli “aperti” della Lega e le condanne già arrivate in passato. 

 

Il “giallo” dei 49 milioni: scomparsi o spesi in manifesti?

“Cercano soldi che semplicemente non ci sono, perché sono stati spesi. Se li trovate ditelo anche a me, che mi interessa”: così Matteo Salvini solo pochi giorni fa sul caso dei 49 milioni di euro “volatilizzati”, che la Lega dovrebbe restituire perché ricevuti indebitamente tra il 2008 e il 2010 sotto forma di rimborsi elettorali

 

I fatti. E’ il 2012 quando la Procura di Genova apre un fascicolo, indagando l’ex tesoriere della Lega (“Nord”) Francesco Belsito per truffa ai danni dello Stato e riciclaggio: secondo l’accusa avrebbe trasferito all’estero poco meno di 49 milioni di euro, parte dei quali sarebbero stati utilizzati per spese personali dell’allora segretario del Carroccio, Umberto Bossi. Nel 2017 il Senatùr, nel frattempo dimessosi, viene condannato a 2 anni e 5 mesi, Belsito a 4 anni e 10 mesi, mentre i giudici dispongono la confisca di 49 milioni di euro alla Lega, condannata a restituire la cifra. L’anno dopo la Cassazione conferma la sentenza, disponendo che la somma sia requisita anche tra le disponibilità successive a quelle dell’epoca dei fatti. In pratica la Lega deve pagare, anche se i vertici sono cambiati e quei soldi non esistono più, come sostiene invece Matteo Salvini. Un successivo accordo con la Procura ha permesso al Carroccio di restituire il dovuto a rate da 600 mila euro all’anno.  

 

L’inchiesta Film Commission e i commercialisti milanesi

Il nuovo guaio giudiziario è esploso con l’arresto di tre commercialisti lombardi considerati vicini alla Lega: Arturo Scilleri, presso il cui studio nel 2017 è stato registrato e domiciliato il movimento Lega per Salvini Premier; Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, ex revisori contabili del Carroccio, rispettivamente per la Camera e il Senato. Le accuse per i tre professionisti, sotto indagine da parte della Procura di Milano dal 10 luglio, sono di peculato, turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. 

 

I fatti. Al centro dell’inchiesta c’è la compravendita di un capannone a Cormano, alle porte di Milano, da parte della Lombardia Film Commission, che l’avrebbe pagato – con fondi regionali800mila euro, ossia il doppio del prezzo a cui era stato acquistato solo pochi mesi prima da due società che, secondo gli inquirenti, sarebbero state intestate a prestanome, ma dietro le quali ci sarebbero invece i tre commercialisti, a vario titolo. Gli indagati non solo avrebbero intascato la differenza di valore, ma secondo il pm Stefano Civardi e il procuratore aggiunto Eugenio Fusco sarebbero stati in grado di raggiungere “i piani altissimi della politica”. La prova starebbe in un “incontro riservato” avvenuto lo scorso maggio a Roma con Matteo Salvini, di cui Manzoni parlerebbe in una intercettazione. 

 

I fascicoli “lombardi” su Fontana

Tra i fascicoli più recenti c’è il caso di Attilio Fontana, indagato per abuso d’ufficio nell’ambito di un’inchiesta sulle tangenti che inizialmente (maggio 2019) coinvolgeva i vertici di Forza Italia e che portò a 43 arresti. 

 

I fatti. Il presidente della Regione Lombardia avrebbe nominato un ex socio del proprio studio legale, Luca Marsico, al Nucleo di valutazione degli investimenti regionale, violando il principio di imparzialità. 

Solo pochi mesi fa, in piena emergenza Covid, invece, Fontana è stato coinvolto in un’altra indagine, quella sui “camici bianchi” che la società della moglie e del cognato del Governatore (Dama Spa) avrebbero prima tentato di vendere poi donato alla Regione stessa. 

 

Il Russia-gate e l’incontro all’hotel Metropole di Mosca

In questo caso l’inchiesta riguarda Gianluca Savoini, ex portavoce di Salvini e presidente dell’Associazione Lombardia-Russia. E’ indagato per corruzione internazionale con il sospetto di aver trattato (o ricevuto) presunti fondi per il partito da Mosca. 

 

I fatti. Al centro delle indagini c’è un evento, organizzato da Confindustria il 18 ottobre del 2018 all’hotel Metropole di Mosca, al quale era presente anche Matteo Salvini in qualità di ministro e vicepremier. In quella occasione Savoini avrebbe organizzato un incontro “segreto” tra il leader della Lega e il vicepremier russo, Dmitry Kozak. L’ipotesi di reato è di corruzione internazionale.

 

I voli di Stato “abusivi” di Salvini

La vicenda ha a che fare con 35 presunti viaggi “illeciti” del leader della Lega, avvenuti mentre era titolare del Viminale. 

 

I fatti. Si tratta di trasferte sulle quali aveva già indagato la Corte dei Conti, ritenendole illegittime perché sarebbero avvenute per motivi elettorali e non istituzionali, utilizzando mezzi della polizia o dei vigili del fuoco senza necessità. I giudici contabili, però, non avevano configurato alcun danno erariale, archiviando il fascicolo. La magistratura ordinaria (Procura di Roma) ha invece ritenuto ravvisabile il reato di abuso d’ufficio, chiedendo l’intervento del tribunale dei Ministri.

 

Il caso Siri, Arata e gli incentivi all’eolico

In questo caso a essere coinvolto è Armando Siri, ex sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti nel primo governo Conte, di cui faceva parte anche la Lega. 

 

I fatti. L’inchiesta che lo vede coinvolto con l’ipotesi di reato di corruzione, è nata a Palermo e riguarda gli incentivi all’eolico. Secondo gli inquirenti Siri avrebbe promesso un “aggiustamento” al Def, che prevedeva contributi alla tecnologia green, in cambio di una tangente da 30mila euro pagata (o promessa) a Siri dall’imprenditore Paolo Arata. Questi è considerato vicino al “re dell’eolico” Vito Nicastri, a sua volta ritenuto in stretti contatti con il bosso mafioso latitante Matteo Messina Denaro

 

Rixi e le spese pazze in Liguria

Dal sud al nord, in Liguria è finito al centro di una vicenda giudiziaria un altro ex viceministro, Edoardo Rixi, anch’egli con delega alle Infrastrutture e Trasporti. 

 

I fatti. Questa volta il fascicolo riguarda le cosiddette “spese pazze” in Regione Liguria, dove dal 2010 al 2012 Rixi era consigliere. Per lui il 30 maggio del 2019 è arrivata una condanna a 3 anni e 5 mesi. 

 

Altri guai giudiziari legati ai migranti

Non da ultimo vanno ricordati altre denunce e vicende giudiziarie che pendono su Matteo Salvini o lo vedono coinvolto, a proposito della gestione degli sbarchi dei migranti quando era ministro dell’Interno. 

 

I fatti. La “Capitana” della Sea Watch, Carola Rackete, lo ha denunciato per istigazione a delinquere e diffamazione. 

Il leader del Carroccio è indagato anche per il caso di Nave Gregoretti, l’unità della Marina Militare da cui a luglio del 2019 impedì lo sbarco di 131 migranti per diversi giorni. La Procura di Agrigento ha aperto un fascicolo per sequestro di persona e omissione d’atti d’ufficio. 

 

L’immunità parlamentare, invece, ha evitato un processo a Salvini per il caso di Nave Diciotti, che risale al 16 agosto del 2018. 

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