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Contributo a fondo perduto: necessari chiarimenti per rischio sanzioni

Contributo a fondo perduto: la circolare 15/E del 13 giugno 2020 e i dubbi ancora da risolvere. Previste pesanti sanzioni amministrative dal 100 al 200%

Contributo a fondo perduto: necessari chiarimenti per rischio sanzioni

Con il provvedimento del 10 giugno 2020 e il successivo documento di prassi, la circolare 15/e del 13 giugno 2020, emanati dall’Agenzia delle Entrate, prende forma il contributo a fondo perduto, previsto dall’art. 25 del Dl 34/2020, che prevede la possibilità di richiedere una somma di denaro senza obbligo di restituzione e commisurata alla perdita del fatturato e dei corrispettivi dovuta alla crisi emergenziale da coronavirus.

A partire dal 15 giugno 2020 è possibile presentare la domanda, tuttavia è bene valutare attentamente i requisiti richiesti in quanto le conseguenze per una non veridicità della dei dati in essa dichiarati possono essere molto gravi.

Infatti, in caso di non spettanza del contributo, in tutto o in parte, oltre a quanto previsto dall’art. 13, comma 5, del d.lgs. 471/97 che prevede una sanzione amministrativa dal 100 per cento al 200 per cento del contributo non spettante, senza possibilità di definizione agevolata, è applicabile anche la pena prevista dall’art. 316-ter del Codice penale, per indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, che prevede:

  • La reclusione da 6 mesi a 3 anni;

  • Una sanzione amministrativa da 5.164 euro a 25.822 euro, con un massimo di tre volte il contributo indebitamente percepito, qualora il contributo erogato sia di importo inferiore a 4.000 euro.

Visto il regime sanzionatorio, vediamo quali sono i requisiti per poter beneficiare del contributo e alcune riflessioni in ordine a particolari situazioni che potrebbero verificarsi durante la valutazione della spettanza o no di questo contributo.

 

 

Primo requisito

Il primo requisito necessario per richiedere il contributo a fondo perduto è il conseguimento, nell’anno 2019, di un ammontare di ricavi o compensi non superiore a 5 milioni di euro.

Nel modello approvato dall’Agenzia delle Entrate, questa dichiarazione è resa mediante l’indicazione della fascia di ricavi di appartenenza (sarebbe stato complesso per le aziende dichiarare l’importo puntuale dei ricavi conseguiti per il 2019 in quanto molte di esse ad oggi non hanno ancora approvato il bilancio ne presentato la relativa dichiarazione dei redditi).

Particolare attenzione va prestata nel caso il contribuente si trovi ai limiti della fascia di riferimento, poiché tale scelta incide sull’ammontare del contributo spettante.

Infatti, l’ammontare del contributo spettante viene determinato applicando alla differenza tra l’importo del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 e l’analogo importo del mese di aprile 2019, una percentuale differente in base ai ricavi e compensi conseguiti nell’anno 2019:

  • 20%, se i ricavi e i compensi sono inferiori a 400.000 euro;

  • 15%, se i ricavi e i compensi sono compresi tra 400.001 euro e 1.000.000 di euro;

  • 10%, se i ricavi e i compensi sono compresi tra 1.000.001 euro e 5.000.000 di euro.


La circolare 15/E dell’Agenzia delle Entrate chiarisce che, in caso di operazioni straordinarie, occorre considerare gli effetti di tale evento sia in relazione alle modalità di determinazione della soglia massima ricavi o compensi sia per quanto concerne il calcolo della riduzione del fatturato.

Ad esempio, in caso di una fusione per incorporazione intervenuta nel mese di marzo 2020, il calcolo della riduzione del fatturato va eseguito confrontando il fatturato aprile 2020 della società incorporante, con la somma dei fatturati delle singole società (incorporante e incorporate) relativi al mese di aprile 2019.

Di conseguenza, anche ai fini della determinazione della soglia massima dei ricavi occorre far riferimento ai dati aggregati dei soggetti partecipanti (incorporante e incorporata).

Il documento di prassi chiarisce inoltre che, anche in caso di soggetti costituiti per effetto di un’operazione di conferimento d’azienda o di cessione di azienda, nel periodo compreso tra i 1° gennaio 2019 e il 30 aprile 2020, non essendo in presenza di un’attività neocostitutita, qualora il soggetto conferente non abbia iniziato l’attività a partire dal 1° gennaio 2019, occorrerà considerare i valori riferibili all’azienda oggetto del trasferimento nel periodo di riferimento (aprile 2019).

 

 

Secondo requisito

Il contribuente deve inoltre verificare di soddisfare almeno uno dei seguenti requisiti:

  1. Ammontare del fatturato e corrispettivi del mese di aprile 2020 inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e corrispettivi del mese di aprile 2019;

    • Inizio dell’attività a partire dal 1° gennaio 2019;

    • Domicilio fiscale o sede operativa situati nel territorio di Comuni colpiti da eventi calamitosi, i cui stati di emergenza erano in atto alla data del 31 gennaio 2020.


Relativamente al primo punto, per determinare il fatturato da confrontare, occorre far riferimento alla data di effettuazione della cessione di beni o prestazione di servizi.

Pertanto, analogamente ai criteri stabiliti per le altre misure di sostegno previste dai decreti emanati per l’emergenza da coronavirus, vanno prese in considerazione le fatture emesse nel mese di aprile e, nel caso di fatture differite, la data del DDT per la cessione di beni o del documento equipollente in caso di prestazioni di servizi.

Nella guida operativa pubblicata dall’Agenzia delle Entrate, si chiarisce inoltre che:

  • concorrono anche le cessioni dei beni ammortizzabili;

  • i soggetti che svolgono operazioni non rilevanti ai fini IVA, ad esempio per cessioni di tabacchi, devono considerare anche l’importo degli aggi relativi a tali operazioni effettuate nel mese di aprile;

  • i soggetti con ventilazione dei corrispettivi o che applicano il regime del margine oppure nel caso delle agenzie di viaggio, può essere considerato l’importo al lordo dell’IVA, purché il criterio venga applicato anche con riferimento alle operazioni svolte nel 2019.

 

 

Contributo superiore a 150.000 euro e dichiarazione Antimafia

Qualora il contributo richiesto è di ammontare superiore a 150.000 euro, il contribuente è obbligato alla compilazione del quadro A presente nella domanda, relativo alle verifiche antimafia.

In particolare, nel modello va dichiarato di essere iscritto negli elenchi dei fornitori, prestatoti di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa o di non trovarsi nelle condizioni ostative previste dall’art. 67 del decreto legislativo n. 159/2011.

Bisognerà inoltre riportare nel modello i codici fiscali delle persone fisiche, indicate nell’art. 85 del d.lgs. 159/2011, soggette a verifica antimafia.

In questo caso, il richiedente rende una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (art. 47 del Dpr n. 445/2000) e, pertanto, in caso di falsità e dichiarazioni mendaci, oltre alle sanzioni di cui all’articolo 25 del decreto-legge n. 34/2020, si applicano le sanzioni penali normativamente previste.

 

 

A chi non spetta

Un altro requisito da dichiarare nella domanda del fondo perduto è quello di non appartenere ai soggetti di cui al comma 2 dell’articolo 25 del D.L. 34/2020.

La norma infatti stabilisce che il contributo non spetta nei seguenti casi:

  • cessazione attività alla data di richiesta del contributo;

  • soggetti che hanno iniziato l’attività dopo il 30 aprile 2020 (ad eccezione delle partite Iva aperte dagli eredi per la prosecuzione dell’attività dei deceduti);

  • enti pubblici di cui all’art. 74 del Tuir;

  • intermediari finanziari e società di partecipazione di cui all’art. 162-bis del Tuir;

  • lavoratori dipendenti;

  • professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria;

  • soggetti che hanno diritto alla percezione delle indennità previste dagli articoli 27 e 38 del dl 18/2020 (ovvero professionisti in Gestione Separata INPS e i lavoratori dello spettacolo).


Il documento di prassi chiarisce (confutando, ad avviso dello scrivente, il tenore letterale della norma) che le persone fisiche che esercitano attività d’impresa o di lavoro autonomo e che contestualmente possiedono lo status di “lavoratore dipendente” possono comunque fruire del contributo a fondo perduto, fermo restando il rispetto degli ulteriori requisiti previsti in relazione alle predette attività ammesse al contributo stesso.

 

 

Professionisti in Gestione Separata esclusi dall’art. 27 DL 18/2020

Stando alla norma, qualora un professionista iscritto alla Gestione Separata sia escluso dall’indennità prevista dall’art. 27 del decreto-legge 17 marzo 202, n. 18 (poiché, ad esempio, titolare di pensione) potrebbe richiedere, soddisfacendo i requisiti prescritti, il contributo a fondo perduto ciò in quanto titolare del reddito di cui all’art. 54, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi.

Contributo che spetterebbe anche al professionista, non “ordinistico” soggetto quindi alla contribuzione INPS in gestione separata, che ha aperto la partita Iva dopo il 23 febbraio 2020 ma entro il 30 aprile 2020.

 

 

Dubbi interpretativi legati al requisito dello svolgimento dell’attività

Alcuni dubbi potrebbero sorgere riguardo al requisito dello svolgimento dell’attività alla data di presentazione della domanda del contributo a fondo perduto.

Infatti, non sempre la cessazione dell’attività corrisponde alla cessazione della partita iva.

Si pensi ad esempio, una società che delibera lo scioglimento e la conseguente messa in liquidazione, cesserebbe di fatto la propria attività, mantenendo tuttavia attiva la propria posizione ai fini iva.

Difficoltà analoghe si potrebbero riscontrare relativamente alla verifica del requisito di inizio attività dopo il 31.12.2018, condizione che permetterebbe di beneficiare del contributo a prescindere dal calo del fatturato.

In questo caso bisognerebbe chiarire se l’inizio attività va considerata alla data di costituzione della società (o apertura della partita iva in caso di ditta individuale) o alla data di effettivo inizio dell’attività (è il caso, ad esempio, di un imprenditore che per avviare il proprio bar, provveda prima ad aprire la propria posizione iva e camera di commercio e, dopo qualche mese, presenti la SCIA al Comune per l’inizio attività).

Potrebbe inoltre verificarsi il caso in cui una società ceda l’unica azienda posseduta e incominci una nuova attività, rientrante nell’oggetto sociale. In questo caso potrebbe risultare difficile determinare quanto (e se) beneficiarie del contributo previsto.

È quanto mai auspicabile un ulteriore chiarimento, considerando l’impianto sanzionatorio previsto in caso di indebita percezione del contributo previsto dalla norma.

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